Così la pace del cuore vera e profonda, e la perfetta tranquillità dello spirito, beni supremi sulla terra dopo la salute, non si trovano che nella solitudine, e non saranno permanenti se non nell’isolamento assoluto. Allora, quando l’io è grande e ricco, si gusta la condizione più felice che sia possibile trovare in questo povero mondo. Sì! diciamolo apertamente: per quanto strettamente l’amicizia, l’amore e il matrimonio uniscano gli umani, non si vuol bene, interamente e di buona fede, che a sè stessi, o tutt’al più al proprio figlio. Meno si avrà bisogno, in seguito a condizioni oggettive e soggettive, di mettersi a contatto cogli uomini, meglio ci troveremo. La solitudine, l’isolamento permettono d’abbracciare d’un solo sguardo tutti i propri mali, od anche di non provarli in un colpo solo; la società invece è insidiosa; essa nasconde mali immensi, di sovente irreparabili, dietro un’apparenza di passatempi, di conversazioni, di divertimenti di società, e d’altre simili cose. Sarebbe per gli uomini uno studio importante l’imparar di buon’ora a sopportare la solitudine, questa sorgente di felicità e di quiete intellettuale.
Da quanto abbiamo esposto deriva che ha una parte molto migliore colui che non conta che su sè stesso e che può in tutto esser tutto a sè stesso. Cicerone ha detto «Colui che basta a se stesso e che mette in sè solo tutte le cose sue non può non esser felicissimo» (Paradox. II). Inoltre più un uomo ha in sè, meno gli altri possono essergli qualche cosa.
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Paradox
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