Quali piaceri infatti possono provare questi esseri privilegiati nel commercio con creature colle quali non possono aver relazioni per stabilire una vita in comune se non per mezzo della parte più bassa e più vile della loro natura, vale a dire di tutto ciò che v’ha in essa di volgare, di triviale, d’ignobile? Tali individui ordinarî non potendosi levare all’altezza dei primi, non hanno altra risorsa, come non si prenderanno altro cómpito, se non quello di abbassarli al loro livello. Da questo punto di vista si è davvero un sentimento aristocratico quello che alimenta l’inclinazione all’isolamento ed alla solitudine. Tutti i cialtroni sono tanto sociali da far pietà: in cambio, a ciò solo si vede che un uomo è di qualità più nobile, quando non trova alcun piacere cogli altri, quando alla loro società preferisce ognor più la solitudine, acquistando insensibilmente coll’età la convinzione che salvo rare eccezioni non v’ha scelta nel mondo tra l’isolamento e la volgarità. Per quanto dura sembri, questa massima è stata espressa da Angelo Silesius stesso, ad onta di tutta la sua carità e tenerezza cristiana: «La solitudine è penosa: però non esser volgare, e tu potrai isolarti in qualunque luogo».
Specialmente in quanto concerne gli spiriti eminenti, è ben naturale che questi veri educatori del genere umano provino anche tanta poca inclinazione a mettersi di frequente in rapporto cogli altri, quanta ne può sentire il pedagogo ad unirsi ai giochi rumorosi della schiera di fanciulli che lo contorna.
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Angelo Silesius
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