«Difficilis in otio quies» (È difficile la calma nell’ozio).
18.° Non sono le immagini della fantasia, ma nozioni nettamente concette che bisogna prendere per guida nei propri lavori. Il contrario succede molto di frequente. Bene esaminando, si scorge che ciò che nelle nostre determinazioni viene in ultima istanza a render decisiva la sentenza, non sono ordinariamente le nozioni ed i giudici, ma lo è bensì un’immagine della fantasia che le rappresenta e le sostituisce. Non so più in quale romanzo di Voltaire o di Diderot la virtù appare sempre all’eroe, posto come Ercole adolescente al bivio della vita, sotto l’aspetto del suo vecchio ajo che moralizza tenendo la tabacchiera nella mano sinistra ed una presa di tabacco nella destra; il vizio invece colle sembianze della cameriera di sua madre. Si è particolarmente durante la giovinezza che lo scopo della nostra felicità si fissa sotto la forma di certe immagini che volteggiano davanti noi e che persistono spesso durante la metà, e qualche volta durante tutto il corso della vita. Sono esse veri folletti che ci tormentano, perchè appena raggiunte svaniscono e l’esperienza viene ad insegnarci che non mantengono affatto ciò che promettevano. Di questo genere sono le scene speciali della vita domestica, civile, sociale o rurale, le idee sull’abitazione e sulla nostra società, le decorazioni cavalleresche, le testimonianze di rispetto, ecc., ecc.; «chaque fou a sa marotte»(36) (ogni pazzo ha la sua impresa); anche l’immagine dell’innamorata ne è una.
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