In tutte queste circostanze prevale la irragionevolezza originale del nostro essere. Le donne sono ben di frequente soggette a tali impressioni, e pochi uomini hanno una ragione abbastanza preponderante per non aver a soffrire dai loro effetti. Quando non possiamo dominarle interamente col solo pensiero, ciò che di meglio possiamo fare si è di neutralizzare un’impressione coll’impressione contraria: per esempio l’impressione di un’offesa con visite alle persone che ci stimano, l’impressione di un pericolo che ci minaccia colla vista reale dei mezzi proprî ad allontanarlo. Un italiano, di cui Leibnitz ci racconta la storia, (Saggi critici, L. I, c. II, § 11), riescì perfino a resistere ai dolori della tortura: a ciò, con ferma risoluzione presa prima, impose alla sua immaginazione di non perdere di vista un solo istante la figura della forca a cui lo avrebbe senza dubbio condannato qualunque sua confessione; sicchè ei gridava di tratto in tratto: «Ti vedo», parole che, come spiegò più tardi, si riferivano al patibolo. Per la stessa ragione quando tutti intorno a noi sono d’un’opinione differente della nostra e si conducono conseguentemente ad essa, è difficile non lasciarsi smuovere dalle nostre idee quand’anche si fosse convinti che gli altri sono nell’errore. Per un re fuggitivo, inseguito e che viaggia seriamente incognito, il cerimoniale di ossequio che il suo compagno e confidente osserverà quando sono a quattr’occhi deve essere un cordiale quasi indispensabile perchè lo sventurato non giunga a dubitare della sua stessa esistenza.
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Leibnitz Saggi
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