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27.° Non bisogna disperare ad ogni assurdità che si dice in pubblico o in società, che si stampa nei libri e che è bene accolta od almeno che non è confutata; e nemmeno bisogna credere che essa rimarrà accettata per sempre. Si sappia, a propria consolazione, che più tardi e insensibilmente la cosa sarà ruminata, lucidata, meditata, pesata, discussa, e il più delle volte finalmente giudicata, di modo che, dopo uno spazio di tempo variabile in ragione della difficoltà della materia, la gente quasi tutta finirà col capire ciò che una mente chiara aveva scorto a prima vista. È certo che nell’intervallo bisogna pazientare. Perocchè l’uomo di senno fra persone che sono nell’errore somiglia a colui che avesse l’orologio perfettamente giusto in una città in cui tutti gli orologi fossero mal regolati. Ei solo conosce l’ora precisa, ma che giova? Tutti prenderanno sempre norma dai pubblici quadranti che indicano un’ora falsa: tutti, anche colui che sapesse per caso come solamente l’orologio del primo segni l’ora vera.
28.° Gli uomini somigliano ai fanciulli che prendono brutte maniere quando sono viziati; non si deve quindi esser troppo indulgenti o troppo amabili verso alcuno. Come ordinariamente non si perderà un amico per avergli rifiutato un prestito, ma piuttosto per averglielo accordato, così non lo si perderà per un atteggiamento altero e per un po’ di negligenza, ma piuttosto per un eccesso d’amabilità e di cortesia: con ciò ei diviene arrogante, insopportabile, e la rottura non tarda a predarsi.
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