Ma l’esempio che segue è il più adatto a spiegare la presente mia osservazione. Nella vita le cose passano come nel giuoco degli scacchi; noi ci facciamo un piano: questo però rimane subordinato a quanto piacerà fare nella partita all’avversario, e nella vita al destino. Le modificazioni che il nostro piano subisce sono, molto spesso, così grandi che nell’esecuzione esso è appena riconoscibile da qualche linea fondamentale.
Del resto nel corso della nostra vita havvi qualche cosa ancora che sta sopra a tutto ciò. È infatti una verità volgare e troppo sovente confermata che noi siamo spesso più pazzi che non si creda; in cambio l’essere più savi che non si supponga è tale scoperta che solo possono fare, e per di più ben tardi, coloro che si sono trovati in questo caso. Qualche cosa c’è in noi di più accorto della testa. Vale a dire che nei grandi momenti, nei passi più importanti della nostra vita noi operiamo non tanto secondo la nozione chiara del giusto quanto in virtù di un impulso interno, impulso che potremmo chiamare istinto proveniente dalle profondità intime dell’esser nostro: dopo di che il nostro operare viene alterato da un concetto delle cose chiaro bensì, ma meschino, anzi accattato da regole generali, da esempi altrui, e così di seguito, senza che sia ponderato il detto: «quello che giova ad uno non giova a tutti»; in siffatta guisa diveniamo facilmente ingiusti verso noi medesimi. Alla fine si conosce chi ha avuto ragione, e solo la vecchiaia raggiunta felicemente è soggettivamente ed oggettivamente in condizione di giudicare la quistione.
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