Nella stessa guisa l’oscurità e l’incertezza ingrandiscono ogni pericolo. Naturalmente a ciò si aggiunge che noi, prevedendo come possibile una sventura, abbiamo nel tempo stesso considerato i motivi di conforto ed i rimedi, o per lo meno ci siamo abituati all’immagine di essa.
Ma nulla vale a renderci meglio atti a sopportare tranquilli e dignitosi i casi tristi che ci colgono, quanto il convincimento di quella verità che ho fermamente stabilito, e svolta fino ne’ suoi primi principi, nella mia opera premiata sopra Il libero arbitrio, dove dissi a pag. 62 (60 della 2a ed.): «Tutto quello che accade, dalle più grandi alle più piccole cose, accade necessariamente». Perocchè nell’inevitabile necessità l’uomo sa raccapezzarsi presto, e la conoscenza della nozione or ora esposta fa sì che egli consideri tutti gli avvenimenti, anche quelli prodotti dai casi più strani, come altrettanto necessari quanto quelli che derivano da leggi notissime e che si conformano alle più esatte previsioni. Rimando dunque il lettore a ciò che ho detto (si veda Il mondo come volontà e come rappresentazione. V. I, pag. 345 e 346 [361 della 3a ed.]) sull’influenza calmante che esercita la nozione dell’inevitabile e del necessario. Chiunque se ne sarà ben penetrato farà da prima tutto ciò che può fare, soffrirà poi coraggiosamente ciò che deve soffrire.
Le piccole traversie che ad ogni ora ci molestano, si possono considerare come destinate a tenerci in esercizio perchè la forza necessaria a sopportare le grandi sventure non abbia da infiacchirsi nei giorni felici.
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