In questo mondo in cui
Cadon qual ferro della sorte i dadi,
è necessario un carattere di ferro, corazzato contro il destino ed armato contro gli uomini. Perchè tutta la vita è lotta, ogni passo ci viene disputato, e Voltaire dice con ragione: «A questo mondo non si va avanti che colla punta della spada, e si muore coll’arma in mano». È quindi anima codarda quella che al primo accavallarsi di nuvole, od anche solo al loro presentarsi sull’orizzonte, si ripiega sopra di sè, sbigottisce, e si querela. Sia piuttosto nostra impresa:
Tu ne cede malis, sed contra audentior ito.
(Non ceder all’avversità, ma va arditamente contro di essa).
Finchè l’esito di una cosa pericolosa è ancora dubbio, finchè rimane la possibilità d’un risultato favorevole, non vi disanimate, ma pensate alla resistenza, nello stesso modo che non si deve disperare del bel tempo fino a che resta ancora un lembo azzurro nel cielo. Occorre saper dire:
Si fractus illabatur orbis,
Impavidum ferient ruinae.
(Se il mondo crollasse infranto, le sue ruine (mi) colpirebbero impavido).
Nè l’intera vita istessa, nè con più ragione, i suoi beni, meritano alla fin fine tanto codardo timore e tante angoscie:
Quocirca vivite fortes,
Fortiaque adversis opponite pectora rebus,
(Per la qual cosa vivete da forti, ed opponete gagliardo il petto all’avversità).
Eppure anche qui l’eccedere è possibile: il coraggio può degenerare in temerità. Però il timore, in una certa misura, è necessario alla conservazione della nostra esistenza sulla terra; la codardia non è che l’esagerazione di esso.
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Voltaire
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