Egli, per la prima volta, comincia a veder le cose semplicemente ed a prenderle per quello che sono, mentre agli occhi di lui giovane e fanciullo un’illusione formata da vaneggiamenti creati da sè stessi, da pregiudizi ereditati, e da strane fantasticherie, velava o deformava il mondo reale. Primo lavoro che l’esperienza trova da compiere si è quello di liberarci dalle chimere e dalle false nozioni accumulate durante la giovinezza. Garantirne i giovani sarebbe certamente la migliore educazione che si potesse dar loro, benchè essa sia semplicemente negativa; ma è questo un affare assai difficile. Occorrerebbe a questo scopo cominciare col mantener l’orizzonte del fanciullo ristretto quanto più è possibile, non procurargli in questo limite che nozioni chiare e giuste, e non allargarglielo che gradatamente quando egli avesse la conoscenza esattissima di tutto quello che vi è compreso, avendo cura che non vi resti all’oscuro, o che non sia intesa incompletamente o falsamente cosa alcuna. Ne risulterebbe che le sue nozioni sulle faccende e sulle relazioni umane, benchè ancora ristrette e semplicissime, sarebbero tuttavia distinte e vere in modo da richiedere ormai solamente estensione e non indirizzo; si continuerebbe così fino a che il fanciullo non si fosse fatto uomo. Questo metodo esige sopra tutto che non si permetta la lettura di romanzi; vi saranno sostituite biografie scelte con giusti criterî, come per esempio la vita di Franklin, o la storia di Antonio Reiser di Moritz, ed altri simili libri.
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