Occorre esser vecchi, vale a dire aver vissuto lungamente, per conoscere come la vita sia corta. Quanto più si va avanti coll’età, tanto più le cose umane, qualunque si siano, ci appariscono piccole; la vita, che durante la gioventù era là, davanti a noi, ferma e quasi immobile, ci sembra ora una rapida fuga d’apparizioni effimere, e ci diventa manifesta la nullità d’ogni cosa su questa terra. Il tempo stesso, nella giovinezza, cammina d’un passo più lento; sicchè il primo quarto della vita è non solamente il più felice, ma anche il più lungo; esso lascia dunque molti più ricordi, e ciascuno potrebbe all’occasione raccontare di questo primo quarto maggiori avvenimenti che non degli altri due. Nella primavera della vita come nella primavera dell’annata i giorni finiscono talvolta col divenire d’una lunghezza molesta. Nell’autunno della vita, come nell’autunno dell’annata, i giorni sono corti, ma sereni e più costanti.
Perchè mai in vecchiaja la vita che si ha dietro di sè, pare così breve? Si è perchè noi la stimiamo così corta come il ricordo che ne conserviamo. Infatti tutto ciò che in essa vi fu d’insignificante ed una gran parte di ciò che vi fu di penoso, sfuggirono dalla nostra memoria; vi è dunque rimasto ben poca cosa. Perocchè nella stessa guisa che la nostra mente è in generale molto imperfetta, così succede pure della nostra memoria: bisogna che teniamo in esercizio le nostre cognizioni e che rinvanghiamo il nostro passato, senza di che tutto ciò sparirà nell’abisso dell’oblio.
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