Durante la giovinezza si raccolgono i materiali delle proprie nozioni, delle proprie vedute originali e fondamentali, vale a dire di tutto ciò che uno spirito privilegiato deve per destino dare in dono al mondo; ma non è che dopo molti anni che esso diviene padrone del suo soggetto. Si troverà che il più delle volte i più grandi scrittori non hanno creato i loro capolavori che verso il cinquantesimo anno. Ma non per questo la gioventù non resta pur sempre la radice dell’albero della conoscenza, benchè sia la corona dell’albero che porta i frutti. Ma nella stessa guisa che ogni epoca, anche la più miserabile, si crede più saggia di tutte quelle che la precedettero, così l’uomo in ogni età si crede superiore a quello che era per lo avanti; tutti e due sono spesso in errore. Durante gli anni di crescimento fisico, quando noi aumentiamo egualmente le forze intellettuali e le cognizioni, l’oggi per costume guarda con disprezzo l’ieri. Tale abitudine prende radice, e persiste anche quando è cominciata la decadenza delle forze mentali, allorchè l’oggi dovrebbe piuttosto guardare l’ieri con rispetto: a quell’ora sono troppo disprezzate le produzioni e i giudizî degli anni giovanili.
Conviene osservare sopra tutto che quantunque la testa e l’intelletto siano, circa le loro proprietà fondamentali, altrettanto innati quanto il cuore o il carattere, nondimeno l’intelligenza, non resta così invariabile come il carattere: essa, è soggetta a molte modificazioni le quali, alla grossa, si producono pur anche regolarmente, perocchè derivano dal fatto che da una parte la base dell’intelligenza è fisica, e che dall’altra la sua stoffa è empirica.
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