Ciò essendo, la sua forza propria cresce continuamente fino al punto culminante, e diminuisce poi di grado in grado fino all’imbecillità. Ma d’altronde la stoffa su cui si esercita tutta questa forza e che la mantiene in attività, vale a dire il contenuto dei pensieri e del sapere, l’esperienza, le cognizioni, l’esercizio del raziocinio e la perfezione che ne deriva, tutta questa materia è una quantità che aumenta costantemente fino al momento in cui, sopravvenendo la fiacchezza definitiva, l’intelletto lascia scappare ogni cosa. Tale condizione dell’uomo d’esser composto d’una parte assolutamente immutabile (il carattere) e d’un’altra che varia regolarmente e in due direzioni opposte (l’intelletto), spiega la diversità d’aspetto sotto cui egli si manifesta, e la differenza del suo valore nelle varie età della vita.
In un senso più largo si può anche dire che i quaranta primi anni di vita danno il testo, e i trenta seguenti il commento, che solo ce ne fa ben comprendere il vero senso, e la connessione, unitamente alla morale con tutte le sue sottigliezze.
Ma particolarmente verso la sua fine la vita somiglia ad un ballo mascherato, quando sono tolte le maschere. A quell’ora si vede cosa erano in realtà coloro con cui si ebbe contatto durante la vita. In fatti i caratteri si sono messi in piena luce, le azioni hanno portato i loro frutti, le opere hanno trovato il loro giusto apprezzamento, e tutte le fantasmagorie sono svanite. Perocchè ci abbia voluto il tempo a ciò. Ma quello che v’ha di più strano si è che non si comprende bene e sè stesso, e il proprio scopo, e le proprie aspirazioni, sopra tutto in ciò che riguarda i rapporti col mondo e cogli uomini, se non verso il finire dell’esistenza.
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