Soltanto nel settantesimo anno di vita sono ben compresi i primi versi dell’Ecclesiaste. Ma è anche questo che da alla vecchiaja una certa tinta di tristezza.
Si crede comunemente che infermità e noja sieno la condizione dell’età. La prima non le è essenziale, particolarmente quando si ha la prospettiva di arrivare ad una vecchiaja molto avanzata, perocchè crescente vita, crescit sanitas et morbus. E in quanto alla noja ho dimostrato più indietro come la vecchiezza abbia a temerla meno della gioventù: e neppure la noja è la compagna necessaria della solitudine, verso la quale infatti ci spinge l’età per motivi facili a comprendere; essa non segue che coloro i quali hanno conosciuto solamente le gioje dei sensi ed i piaceri della società e che non hanno avuto cura di arricchire il loro spirito, e di sviluppare le loro facoltà. È vero che in un’età avanzata anche le forze intellettuali s’intorpidiscono; ma laddove furono potentemente copiose, ne resterà sempre abbastanza per combattere la noja. Inoltre, come abbiamo dimostrato, la ragione guadagna forza coll’esperienza, colle cognizioni, coll’esercizio e colla riflessione; la mente diviene più acuta, e il concatenamento delle idee più chiaro; in ogni materia si acquista, in grado sempre maggiore, vedute d’insieme sulle cose: le combinazioni poi sempre variate delle cognizioni che già si possedono, i nuovi acquisti che vengono ad aggiungervisi, favoriscono il progresso continuo in tutte le direzioni del nostro sviluppo intellettuale, in cui lo spirito trova in una volta la sua occupazione, il suo soddisfacimento e la sua mercede.
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Ecclesiaste
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