§ 2.
Quello che tutto conosce, e da nessuno è conosciuto, è il soggetto. Esso è dunque che porta in sé il mondo; è l'universale, ognora presupposta condizione d'ogni fenomeno di ogni oggetto: perché ciò che esiste, non esiste se non per il soggetto. Questo soggetto ciascuno trova in sé stesso; ma tuttavia solo in quanto conosce, non in quanto è egli medesimo oggetto di conoscenza. Oggetto è già invece il suo corpo: ed anch’esso perciò, secondo questo modo di vedere, chiamiamo rappresentazione. Invero il corpo è oggetto fra oggetti, e sottoposto alle leggi degli oggetti, sebbene sia oggetto immediato3. Esso sta, come tutti gli oggetti dell'intuizione, nelle forme d'ogni conoscimento, nel tempo e nello spazio, per mezzo dei quali si ha pluralità. Ma il soggetto, il conoscente, non mai conosciuto, non sta anch'esso in quelle forme, dalle quali appunto viene invece sempre già presupposto: non gli tocca perciò né pluralità né il contrapposto di quella, unità. Giammai lo conosciamo, ma esso è che conosce, dovunque sia conoscenza.
Il mondo come rappresentazione, adunque – e noi non lo consideriamo qui se non sotto questo aspetto – ha due metà essenziali, necessarie e inseparabili. L'una è l'oggetto, di cui sono forma spazio e tempo, mediante i quali si ha la pluralità. Ma l'altra metà, il soggetto, non sta nello spazio e nel tempo: perché essa è intera e indivisa in ogni essere rappresentante; perciò anche un solo di questi esseri, con l'oggetto, integra il mondo come rappresentazione, sì appieno quanto i milioni d'esseri esistenti.
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