Per questo motivo nella mia memoria sul principio di ragione ho considerato tempo e spazio, in quanto vengono intuiti puri e privi di contenuto, come una classe particolare di rappresentazioni, esistente di per sé. Ora, per quanto importante sia pure codesta natura, scoperta da Kant, di quelle forme universali dell'intuizione, che cioè le si possano intuire in sé e indipendenti dall'esperienza, e conoscere dalla loro piena legittimità (sul che si fonda la matematica con la sua infallibilità), non è tuttavia meno osservabile quest’altra loro proprietà, che il principio di ragione (il quale determina l'esperienza come legge della causalità e motivazione, e il pensiero come legge del fondamento dei giudizi) si presenti qui sotto un aspetto tutto speciale, a cui ho dato il nome di ragione dell'essere; e che è, nel tempo, il succedersi dei suoi momenti, e nello spazio la posizione delle sue parti vicendevolmente determinantisi all'infinito.
Quegli a cui dalla mia dissertazione introduttiva sia risultata chiara la piena identità di contenuto del principio di ragione, malgrado tutta la varietà delle sue modificazioni, sarà pur convinto di quanto importi, a penetrar nella sua più intima essenza, la nozione della più semplice tra le sue forme, come tali: e per tale abbiamo riconosciuto il tempo. Come nel tempo ciascun attimo esiste solo in quanto ha cancellato l'attimo precedente – suo padre – per venire anch'esso con la medesima rapidità alla sua volta cancellato; come passato e avvenire (facendo astrazione dalle conseguenze del loro contenuto) sono illusori a modo di sogni, e il presente non è che un limite tra quelli, privo di estensione e durata: proprio così riconosceremo la stessa nullità anche in tutte le altre forme del principio di ragione.
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Kant
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