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      E comprenderemo che come il tempo, così anche lo spazio, e come questo, così tutto ciò che è insieme nello spazio e nel tempo, tutto, insomma, ciò che proviene da cause o motivi, ha un'esistenza solo relativa, esiste solo mediante e per un'altra cosa che ha la stessa natura, ossia esiste anch'essa soltanto a quel modo. La sostanza di questa opinione è antica: Eraclito lamentava con essa l'eterno fluire delle cose; Platone ne disdegnò l'oggetto come un perenne divenire, che non è mai essere; Spinoza chiamò le cose puri accidenti della unica sostanza, che sola esiste e permane; Kant contrappose ciò che conosciamo in tal modo, come pura apparenza, alla cosa in sé; e infine l'antichissima sapienza indiana dice: «È Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che egli prende per un serpente» (Questi paragoni si trovano ripetuti in luoghi innumerevoli dei Veda e dei Purana). Ma ciò che tutti costoro pensavano, e di cui parlano, non è altro se non quel che anche noi ora, appunto, consideriamo: il mondo come rappresentazione, sottomesso al principio della ragione.
      § 4.
      Chi ha conosciuto quella forma del principio di ragione che apparisce nel tempo puro in quanto è tale, e su cui poggia ogni numerazione e calcolo, ha con ciò appunto conosciuto anche l'intera essenza del tempo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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