Il conoscere, col muoversi secondo motivi determinati dalla conoscenza, è quindi il carattere proprio dell'animalità, come il movimento per effetto di stimoli è il carattere della pianta: i corpi inorganici invece non hanno altri movimenti che quelli prodotti da vere e proprie cause nel senso più stretto. Ho spiegato più ampiamente tutto ciò nello scritto sul principio di ragione, 2a ed. (§ 20), nell'Etica, prima dissert. (§ 3), e in Sulla vista e i colori (§ 1); ai quali luoghi rinvio il lettore.
Da ciò che ho detto risulta che tutti gli animali hanno intelletto, anche i più imperfetti: perché tutti conoscono oggetti, e questa conoscenza determina come motivo i loro movimenti. L'intelletto è in tutti gli animali e in tutti gli uomini il medesimo, ha sempre la stessa semplice forma: conoscenza della causalità, passaggio dall'effetto alla causa e dalla causa all'effetto, e nient'altro. Ma i gradi della sua acutezza e l'estensione della sua sfera conoscitiva sono estremamente diversi, variati e in più modi sviluppati: dal grado più basso, che conosce soltanto il rapporto causale fra l'oggetto immediato e il mediato, bastando così appena, col passaggio dall'azione che il corpo subisce alla causa di essa, a intuire questa come oggetto nello spazio; fino ai gradi più alti della conoscenza del nesso causale dei semplici oggetti mediati fra loro – conoscenza che va fino a intendere le più complicate concatenazioni di cause ed effetti nella natura. Perché quest'ultima capacità appartiene ancor sempre all'intelletto, non alla ragione; i cui concetti astratti servono ad accogliere, fissare e collegare ciò che è stato inteso immediatamente, ma non mai a produrre l'intendimento medesimo.
| |
Etica
|