Se è lo spirito, se è la conoscenza che fa l'uomo signore della terra, non possono esservi errori inoffensivi, e ancor meno errori rispettabili o sacri. Ed a conforto di coloro, i quali in qualsivoglia maniera ed occasione dedicano forza e vita alla difficile e così aspra guerra contro l'errore, non posso astenermi dall'aggiungere qui, che l'errore può bensì aver libero giuoco, come civette e pipistrelli nella notte, fin che la verità non è apparsa: ma è più facile attendersi di veder civette e pipistrelli respingere il sole verso l'oriente, che veder la verità, una volta riconosciuta e chiaramente, compiutamente affermata, esser di nuovo respinta, perché l'antico errore riprenda daccapo, indisturbato, il suo comodo posto. Tale è la potenza della verità: di cui è difficile e faticosa la vittoria; ma questa, una volta raggiunta, non può più esserle strappata.
Oltre le rappresentazioni fin qui considerate – le quali, per la loro costituzione, si potevan ricondurre a tempo, spazio e causalità, ponendo mira all'oggetto; ed a pura sensibilità ed intelletto (ossia conoscimento della causalità) ponendo mira al soggetto – è dunque penetrata nell'uomo, unico fra tutti gli abitatori della terra, ancora un'altra facoltà conoscitiva: è sorta una conscienza affatto nuova, molto calzantemente e con profonda giustezza chiamata riflessione. Imperocché essa è in verità un riflesso, un derivato di quella conoscenza intuitiva, pure avendo natura e costituzione fondamentalmente diversa; non conosce le forme di quella, ed anche il principio di ragione, che impera su tutti gli oggetti, assume in lei un aspetto del tutto diverso.
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