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      Nondimeno tutte le loro spiegazioni intorno alla vera essenza della ragione sono traballanti, non determinate nettamente, prolisse, senza unità né centro, intese a mettere in rilievo or questa or quella manifestazione, e perciò spesso divergenti l'una dall'altra. Si aggiunga, che molte partono dal contrasto fra ragione e rivelazione, il quale è del tutto estraneo alla filosofia, e non serve che ad accrescere la confusione. È oltremodo sorprendente, che finora nessun filosofo abbia rigidamente ricondotto quelle svariate manifestazioni della ragione ad una funzione semplice, la quale sia da riconoscere in tutte, e tutte le spieghi, e costituisca perciò la vera intima essenza della ragione. L'esimio Locke indica bensì molto giustamente nell'Essay on Human Understanding, libro 2, cap. 11, §§ 10 e 11, come carattere distintivo fra animale ed uomo, i concetti universali astratti, e Leibniz ripete lo stesso con pieno accordo nei Nouveaux essays sur l'entendement humain, libro 2, cap. 11, §§ 10 e 11. Ma quando Locke nel libro 4, cap. 17, §§ 2, 3, viene alla vera e propria spiegazione della ragione, perde affatto di vista quel semplice carattere fondamentale, e cade anche lui in una oscillante, imprecisa, incompiuta esposizione di manifestazioni derivate e frammentarie di quella: anche Leibniz, nel luogo corrispondente della sua opera, si contiene in complesso nel medesimo modo, solo con maggior confusione ed oscurità. E fino a qual punto abbia poi Kant confuso e falsato il concetto dell'essenza della ragione, ho detto ampiamente nell'appendice.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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