La prima cosa da osservare era che le due parti contendenti dovevano sempre essere d'accordo sopra un principio qualunque, a cui eran da ricondurre i punti controversi nell'atto del disputare. L'inizio del procedimento metodico è consistito nel fatto, che questi principi da tutti ammessi vennero formalmente dichiarati tali, e posti a capo dell'investigazione. Ma tali principi concernevano dapprima soltanto il lato materiale di questa. Presto si comprese che, pur nella maniera di rifarsi dalla verità universalmente riconosciuta, e tentar di derivarne le proprie affermazioni, si seguivano certe forme e leggi, intorno alle quali anche senza precedente intesa non mai si dissentiva; dal che apparve, che quelle dovevano essere il procedimento proprio ed essenziale della ragione, ossia il lato formale dell'investigazione. Ora, sebbene questo non fosse esposto al dubbio e al disaccordo, un cervello sistematico fino alla pedanteria venne nondimeno a pensare, che farebbe un bel vedere, e sarebbe il compimento della dialettica metodica, se codesto lato formale d'ogni disputa, codesto sempre regolare procedimento della ragione medesima venisse anch'esso formulato in principi astratti; i quali, appunto, al modo di quei principi universalmente riconosciuti, che concernono il lato materiale dell'investigazione, si ponessero a capo di questa, come un canone fisso del disputare, al quale si dovesse ognora volger l'occhio e riferirsi. Nel mentre in tal modo si voleva coscientemente riconoscer per legge, e formalmente dichiarare, quello che fino allora s'era seguito in virtù di tacito accordo o praticato come per istinto, si trovarono a poco a poco espressioni più o meno perfette per i principi logici, come il principio di contraddizione, di ragion sufficiente, del terzo escluso, il dictum de omni et nullo, e poi le speciali regole della sillogistica, come per esempio ex meris particularibus aut negativis nihil sequitur, a rationato ad rationem non valet consequentia, etc.
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