Così nella pura intuizione noi conosciamo perfettamente l'essenza e la regolarità d'una parabola o iperbole o spirale; ma per fare nella realtà una sicura applicazione di tale conoscenza, questa deve dapprima esser diventata sapere astratto; nel che essa perde, è vero, il carattere intuitivo, ma guadagna in compenso la certezza e la determinatezza del sapere astratto. Così ogni calcolo differenziale non allarga punto la nostra conoscenza delle curve, e nulla contiene che già non contenesse la semplice intuizione pura di quelle; bensì cambia il modo della conoscenza, trasmuta la conoscenza intuitiva in astratta, e questo è di grandissima importanza per l'applicazione. Ma qui è il momento di trattar d'un'altra proprietà del nostro potere conoscitivo, che non si poteva bene osservare finora, non essendo del tutto chiarita la distinzione tra conoscenza intuitiva ed astratta. Ed è questa: che le relazioni di spazio non possono essere trasferite immediatamente, e come tali, nella conoscenza astratta; bensì sono a ciò adatte soltanto le grandezze di tempo, ossia i numeri. I numeri soli, non le quantità spaziali, possono venire espressi in concetti astratti, che loro perfettamente corrispondano. Il concetto mille è altrettanto diverso dal concetto dieci, quanto entrambe le grandezze temporali sono diverse nell'intuizione: noi pensiamo nel mille un determinato multiplo del dieci; nel quale possiamo scomporre quello a piacere per l'intuizione nel tempo, ossia possiamo contarlo. Ma fra il concetto astratto d'un miglio e quello d'un piede, senza nessuna rappresentazione intuitiva d'entrambi e senz'aiuto del numero, non c'è una distinzione netta e corrispondente a quelle grandezze.
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