In entrambe viene pensata solo una quantità spaziale; e se debbono venir distinte con sufficiente precisione, bisogna in ogni modo o ricorrere all'intuizione spaziale, abbandonando perciò il dominio della conoscenza astratta, o pensare la differenza in numeri. Se si vuol quindi avere una conoscenza astratta delle relazioni spaziali, queste prima devon esser ridotte a relazioni temporali, ossia in numeri: perciò solamente l'aritmetica, e non la geometria, è dottrina universale delle quantità; e la geometria dev'esser tradotta in aritmetica, se vuole avere comunicabilità, determinazione precisa, e possibilità d'applicazione al campo pratico. È vero che una relazione di spazio si può pensar come tale anche in abstracto, per esempio: «il seno cresce in ragione dell'angolo»; ma se la quantità di questa relazione dev'essere indicata, ha bisogno del numero. È questa necessità di convertir lo spazio con le sue tre dimensioni nel tempo, che ha una dimensione sola, quando si voglia aver una conoscenza astratta (ossia un sapere e non una semplice intuizione) delle sue relazioni; è questa necessità che rende così difficile la matematica. La cosa diventa chiarissima, se paragoniamo l'intuizione delle curve col loro calcolo analitico, o anche soltanto le tavole dei logaritmi delle funzioni trigonometriche con l'intuizione delle relazioni variabili delle parti del triangolo, le quali vengono espresse mediante quelle tavole. Ciò che l'intuizione afferra qui in un'occhiata, pienamente e con la massima precisione, ossia come il coseno diminuisca col crescer del seno, come il coseno di un angolo sia il seno dell'altro, il rapporto inverso del diminuire o crescere dei due angoli, etc.; di quale immane contesto di numeri, di qual faticoso computo abbisognerebbe, per esprimersi in abstracto!
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