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      Nessun dileggio scuote quel contento; nessuna assoluzione del confessore libera da quell'orrore. Tuttavia non si vuol negare con questo, che l'uso della ragione sia necessario nella pratica continuata della virtù: soltanto, la ragione non è la fonte di questa; bensì la sua funzione è subordinata, e consiste nell'osservanza di deliberazioni già prese, nel tener presenti le massime, per resistere alle debolezze momentanee e agire conseguentemente. Lo stesso ufficio compie la ragione anche nell'arte, dov'essa non ha bensì alcun potere sostanziale, ma sorregge l'esecuzione; appunto perché il genio non sta a disposizione in tutti i momenti, mentre l'opera dev'essere compiuta in ogni sua parte e arrotondata in un tutto22.
      § 13.
      Tutte queste considerazioni, sì intorno all'utilità che allo svantaggio dell'impiego della ragione, devono servire a render chiaro, che sebbene il sapere astratto sia il riflesso della rappresentazione intuitiva e si fondi su questa, non è tuttavia in alcun modo identico a lei, sì da poter fare ovunque le sue veci. Anzi, non le corrisponde mai perfettamente; quindi, come abbiamo veduto, è vero che molte delle azioni umane vengono a buon termine solo con l'aiuto della ragione e della condotta meditata, ma talune riescon meglio senza. Appunto quella incongruenza del conoscere intuitivo e dell'astratto, in grazia della quale quest'ultimo s'agguaglia al primo solo approssimativamente, come il mosaico alla pittura, è anche il motivo d'un fenomeno molto singolare; il quale, appunto come la ragione, è proprio esclusivamente della natura umana.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254