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      Le spiegazioni sempre nuove che ne furon tentate finora sono tutte insufficienti: intendo parlare del riso. In virtù di questa sua origine, non possiamo sottrarci qui ad una spiegazione di esso, sebbene ne venga ancora ritardato il nostro cammino. Il riso volta per volta nasce da nient'altro che da un'incongruenza, improvvisamente percepita, fra un, concetto e gli oggetti reali, che erano pensati mediante quel concetto, in una relazione qualsiasi: ed esso medesimo è proprio solamente l'espressione di tale incongruenza. Questa è prodotta sovente da ciò, che due o più oggetti reali sono pensati mediante un unico concetto, la cui identità è trasportata in essi: ma tosto una completa dissomiglianza loro nel resto rende palese che il concetto conveniva ad essi sotto un solo punto di vista. Tuttavia è altrettanto frequente un unico oggetto reale, la cui incongruenza col concetto, a cui da un lato era stato sussunto con ragione, divien sensibile d'un tratto. Quanto è più giusta da un lato la sussunzione di tali oggetti reali sotto un concetto, e più grossa e stridente dall'altro la loro discordanza da quello; tanto più forte è l'azione del ridicolo emergente a questo contrasto. Ogni riso è provocato quindi da una sussunzione paradossale e quindi inattesa, si esprima questa in parole od in atti. Tale è, in breve, l'esatta spiegazione del ridicolo.
      Non m'indugierò qui a narrare aneddoti ed esempi per chiarire la mia spiegazione, essendo questa tanto semplice e agevole, da non averne bisogno; e ciascun caso ridicolo, di cui si sovvenga il lettore, serve in egual modo di prova.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254