Invece l'applicazione di pure massime astratte in parte da cattivi risultati, perché queste non convengono che a metà; in parte non si può fare, quando le massime sono estranee al carattere individuale di chi agisce, e questi non può rinnegar del tutto se stesso: da ciò possono derivare inconseguenze. Non possiamo assolvere pienamente Kant dall'accusa di pedanteria, quando pone a condizione del valore morale di un atto, che questo si faccia secondo pure massime astratte razionali, senz'alcuna inclinazione o eccitazione del momento; accusa che è anche il senso dell'epigramma schilleriano «Scrupolo di coscienza». Quando, soprattutto in cose politiche, si parla di dottrinari, teorici, eruditi, etc., s'intendono sempre pedanti: ossia persone che conoscono bensì le cose in abstracto, ma non in concreto. L'astrazione consiste nel cancellar dal pensiero le circostanze particolari: mentre sono appunto queste, che hanno grande importanza nella pratica.
Per compiere la teoria è da ricordare ancora un falso genere di spirito: il giuoco di parole, calembourg, pun, al quale si può ravvicinare anche il doppio senso, l’équivoque, usato principalmente per l'oscenità. Come lo spirito forza due oggetti reali ben diversi a stare sotto un concetto, così il giuoco di parola riunisce con l'aiuto del caso due concetti differenti in un'unica parola. Ne viene lo stesso contrasto, ma molto più fiacco e superficiale, essendo sorto non dall'essenza delle cose, bensì dal caso delle denominazioni. Il vero spirito ha identità nel concetto, differenza nella realtà; col giuoco di parole invece si ha differenza nei concetti e identità nella realtà, considerando come tale il suono della parola.
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Kant
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