Quindi codesta verità fu sempre, dovunque ed a tutti evidente, né mai posta seriamente in dubbio; il che non potrebbe essere, se il suo principio di conoscenza non fosse ben diverso dalla dimostrazione così difficile di Kant, che sembra procedere su punte di spilli. Oltre a ciò, la prova di Kant l'ho trovata falsa (com'è spiegato nell'appendice); ed ho più sopra mostrato che la permanenza della materia non va dedotta dalla partecipazione che ha il tempo alla possibilità della esperienza, ma da quella che v'ha lo spazio. La vera base di tutte le verità chiamate in questo senso metafisiche, ossia espressioni astratte delle forme necessarie e universali della conoscenza, non può stare alla sua volta in principi astratti; ma solo nella coscienza diretta delle forme della rappresentazione. La qual coscienza si manifesta a priori mediante affermazioni apodittiche, più forti di qualunque obiezione. Se nondimeno si vuol darne una prova, questa può consister solo nel dimostrare che la verità da provarsi è già contenuta – sia come parte, sia come premessa – in qualche altra verità non mai contestata. Così io ho dimostrato, per esempio, che ogni intuizione empirica già contiene l'applicazione della legge di causalità; la cui cognizione è quindi base d'ogni esperienza, e non può per tal motivo esser data e condizionata da questa, come Hume affermava. Le dimostrazioni d'altronde servono meno a chi impara, che non a chi vuol disputare. Questi ultimi negano con ostinazione ogni certezza direttamente conseguita.
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