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      Frattanto, adunque, quel razionalismo, sorto in opposizione all'empirismo, mantenne il sopravvento, e sulle sue tracce elaborò Euclide la matematica: poggiando per necessità sull'evidenza intuitiva (??????????) i soli assiomi, e tutto il resto su illazioni (?????????). Il suo metodo rimase a dominare per tutti i secoli, e così doveva essere, fin quando l'intuizione pura a priori non venne distinta dall'intuizione empirica. È vero che già Proclo, commentatore d'Euclide, sembra aver conosciuto appieno quella distinzione, come dimostra il passo di lui tradotto in latino da Keplero nel suo libro de harmonia mundi: ma Proclo non diede abbastanza peso alla cosa, la presentò troppo isolatamente, rimase inosservato e non ebbe successo. Quindi solo due secoli dopo, la dottrina di Kant, cui tocca in sorte di produrre così grandi trasformazioni in tutto il sapere, il pensiero e l'azione dei popoli europei, provocherà la stessa trasformazione anche nella matematica. Poiché soltanto dopo aver appreso da questo grande spirito che le intuizioni dello spazio e del tempo sono affatto diverse dalle intuizioni empiriche, affatto indipendenti da ogni impressione dei sensi, essendo essi condizione dell'impressione e non viceversa; che sono in altri termini a priori, e quindi inaccessibili all'illusione dei sensi – soltanto ora possiamo comprendere, che la trattazione euclidea della matematica fondata sulla logica è una provvidenza inutile, una gruccia per gambe sane. E rassomiglia ad un pellegrino, che, scambiando per acqua nella notte una bella strada chiara, si guardi dal posarvi il piede, e la vada fiancheggiando sul terreno disuguale, contento d'imbattersi di tanto in tanto nell'acqua supposta.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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