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      Ossia, ella è a priori, e perciò indipendente dall'esperienza, che vien data sempre soltanto in modo frammentario e successivo: tutto è vicino egualmente, e si può a volontà partir dalla causa o dall'effetto. Ora, questo le dà una piena infallibilità, per il fatto che in lei l'effetto viene conosciuto dalla causa, la qual conoscenza è la sola ad aver necessità: per esempio l'eguaglianza dei lati vien conosciuta come fondata sull'eguaglianza degli angoli. All'opposto, ogni intuizione empirica e la maggior parte di tutta l'esperienza procede invece dall'effetto alla causa – modo di conoscere non infallibile, perché la necessità appartiene solo all'effetto quando è data la causa, e non alla conoscenza della causa dall'effetto; potendo questo effetto provenire da cause differenti. Quest'ultimo modo di conoscenza non è altro che induzione: ossia movendo da molti effetti, che fanno capo ad una causa, viene ammessa la causa come certa. Ma poiché i casi non possono mai esser raccolti tutti, la verità non è qui mai assolutamente certa. Eppur questo è il solo genere di verità che appartenga alla conoscenza raggiunta mediante intuizione sensibile, ed alla massima parte dell'esperienza. L'impressione d'un senso provoca un passar dell'intelletto dall'effetto alla causa: ma poi che il passaggio dal causato alla causa non è mai sicuro, sempre rimane possibile e si ha sovente una falsa apparenza, come inganno dei sensi; secondo è sopra dimostrato. Solo quando più sensi, o tutti e cinque, ricevono impressioni che fan capo alla stessa causa, solo allora diventa minima la possibilità dell'inganno, per quanto ancor sussista; poi che in taluni casi, per esempio con monete false, s'ingannano tutti quanti i sensi.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254