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      .. bibamus!». Ogni errore va ricondotto ad una consimile deduzione da una premessa maggiore spesso soltanto falsamente generalizzata, ipotetica, sorta dall'ammetter una data causa per un dato effetto. Fanno eccezione gli errori di calcolo, che non sono per l'appunto errori veri e propri, ma semplici sbagli. Non l'operazione, che i concetti dei numeri indicavano, è stata eseguita nell'intuizione pura, nel calcolo; bensì un'altra in sua vece.
      Per quanto riguarda il contenuto delle scienze in genere, questo è sempre in relazione scambievole dei fenomeni del mondo, in conformità del principio di ragione e sulle orme del perché; il quale da esso principio unicamente trae significazione e valore. L'indicar quella relazione si chiama spiegazione. Questa non può dunque mai far di più, che mostrar due rappresentazioni nel loro reciproco rapporto, secondo la forma del principio di ragione dominante nella classe a cui tali rappresentazioni appartengono. Arrivati a questo punto, non si può domandare altro perché: poiché la relazione indicata non si può in nessun modo rappresentare altrimenti, ossia è la forma d'ogni conoscenza. Quindi non ci si domanda perché 2 + 2 = 4; o perché eguaglianza d'angoli nel triangolo determini eguaglianza di lati; o perché a una data causa segua il suo effetto; o perché dalla verità delle premesse brilli la verità della conclusione. Ogni spiegazione, che non faccia capo ad un rapporto, oltre il quale non si possa pretendere alcun perché, si arresta davanti a una supposta qualitas occulta: e di tal sorta è ogni forza elementare della natura.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254