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      Davanti a queste deve alfine arrestarsi ogni spiegazione scientifica: ossia davanti ad alcunché affatto oscuro. Deve quindi lasciare tanto inesplicata l'intima essenza d'una pietra, quanto quella dell'uomo; non può dar conto della gravità, della coesione, delle proprietà chimiche, che la pietra manifesta, più di quanto possa dar conto del conoscere e dell'agire dell'uomo. Così per esempio la gravità è una qualitas occulta: perché si può fare a meno di pensarla, e non sorge quindi come una necessità dalla forma del conoscere. Questo invece è il caso della legge d'inerzia, in quanto deriva da quella di causalità: quindi il richiamarvisi è una spiegazione del tutto sufficiente. Due cose invero sono proprio inesplicabili, non si possono cioè ricondurre alla relazione formulata dal principio di ragione: in primo luogo, il principio stesso di ragione, nelle sue quattro forme, perché esso è il principio d'ogni spiegazione, quello in rapporto al quale ogni spiegazione ha senso; e, in secondo luogo, ciò che non è raggiunto dal principio di ragione, ma da cui proviene l'elemento primordiale in tutti i fenomeni – ossia la cosa in sé, la cui conoscenza non è punto subordinata al principio di ragione. Quest'ultima deve rimaner per ora nell'ombra, perché diventerà comprensibile solo col libro seguente, nel quale riprenderemo anche questa considerazione della capacità delle scienze. Ma là, dove la scienza naturale, anzi ogni scienza, s'arresta davanti agli oggetti, e non solo la spiegazione che ne dà, ma perfino il principio di questa spiegazione – il principio di ragione – non oltrepassa quel punto: là viene la filosofia a prender codesti oggetti e li considera a suo modo, con metodo affatto diverso dalla scienza.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254