Quindi l'uomo conforme alla natura dà sempre maggior peso a ciò che ha conosciuto immediatamente ed intuitivamente, che non ai concetti astratti, ossia a ciò che ha soltanto pensato: egli preferisce la conoscenza empirica alla conoscenza logica. Opposta è la disposizione di coloro che vivono più in parole che in fatti, che hanno guardato più alla carta ed ai libri che al mondo reale, e nella loro grandissima degenerazione diventano pedanti e spulciatori di vocaboli. Così soltanto si comprende come Leibniz e Wolff e tutti i loro seguaci si potessero tanto smarrire, sull'esempio di Duns Scoto, da dir che la conoscenza intuitiva non è che una conoscenza astratta ingarbugliata! Ad onore di Spinoza devo ricordare che il suo buon senso ha viceversa ritenuto tutti i concetti comuni come sorti dalla confusione della conoscenza intuitiva (Eth., II, prop. 40, schol. 1). Da quella assurda concezione è anche derivato che si rigettasse il genere d'evidenza proprio della matematica, per far valere la sola evidenza logica; che in genere ogni conoscenza non astratta si comprendesse e si trascurasse sotto l'ampio nome di sentimento; che finalmente l'etica kantiana dichiarasse senza valore e senza merito, come puro sentimento ed emozione, quella volontà buona, che si fa immediatamente sentire con la conoscenza dei fatti, e spinge al giusto operare ed al bene – mentre invece attribuiva valore morale soltanto alla condotta guidata da massime astratte.
Il privilegio, che l'uomo in grazia della ragione ha sull'animale, di dominar da ogni parte con lo sguardo la vita nel suo complesso, si può anche paragonare ad un disegno geometrico, incolore, astratto, rimpicciolito, del corso della sua vita.
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