Qui si vede, in qual misura la ragione si renda padrona della natura animale, e gridi all'uomo forte: ????????? ?? ??? ????! (ferreum certe tibi cor!) Il, 24, 521. E qui può dirsi che davvero si manifesti la ragione praticamente: quindi, ovunque l'atto è guidato dalla ragione, dove i moventi sono concetti astratti, dove il motivo determinante non è costituito da isolate rappresentazioni intuitive né dall'impressione momentanea, che guida gli animali, – qui si mostra ragione pratica. Ma che tutto ciò sia affatto diverso ed indipendente dal merito etico della condotta; che condotta razionale e condotta virtuosa siano due cose del tutto distinte; che la ragione possa unirsi sì con grande cattiveria come con grande bontà, e questa come quella renda attive con la propria presenza; che la ragione sia ugualmente pronta e valevole per l'attuazione metodica e conseguente d'un nobile proposito come d'un cattivo, di una massima intelligente come d'una massima stolta (il che proviene dal suo carattere femminile, atto a ricevere e conservare, ma non a produrre direttamente); – tutto ciò ho ampiamente spiegato nell'appendice e illustrato con esempi. Le cose quivi dette dovrebbero invero trovarsi in questo luogo; ma han dovuto esser trasportate colà per la polemica contro la pretesa ragion pratica di Kant. Perciò torno a rinviare all'appendice.
Il più perfetto svolgimento della ragione pratica nel vero e proprio senso della parola; il più alto culmine a cui l'uomo può elevarsi col semplice impiego della sua ragione, e sul quale più evidente appare la sua diversità dagli animali, è come ideale rappresentato nel sapiente stoico.
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Kant
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