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      Imperocché l'etica stoica originariamente ed essenzialmente non è punto una dottrina di virtù, ma semplice avviamento alla vita razionale, di cui è meta e scopo la felicità ottenuta con la calma dello spirito. La condotta virtuosa vi si trova solo come per accidens, come mezzo, non come scopo. Perciò l'etica stoica, in tutta la sua essenza e nella sua concezione, è radicalmente diversa dai sistemi etici, che spingono direttamente alla virtù, come sarebbero le dottrine dei Veda, di Platone, del Cristianesimo e di Kant. Il fine dell'etica stoica è la felicità: ????? ?? ??????????? (virtutes omnes finem habere beatitudinem) si legge nell'esposizione della Stoa presso Stobeo (Ecl, 1. II, e. 7, p. 114, ed anche p. 138). Tuttavia l'etica stoica insegna, che la felicità si può trovar con certezza solo nella pace interiore e nella calma dello spirito (????????), e la calma alla sua volta si raggiunge esclusivamente con la virtù: questo appunto significa l'espressione, che bene supremo sia la virtù. Ma se poi a poco a poco si dimentica il fine per il mezzo e la virtù viene raccomandata in modo da rilevar tutt'altro interesse che quello della propria felicità, sì da star con quest'ultima in aperto contrasto; abbiamo in ciò una delle inconseguenze, per le quali in ogni sistema la verità direttamente conosciuta (o, come suol dirsi, sentita) riconduce sul diritto cammino, facendo violenza ai ragionamenti. La qual cosa si vede chiaramente, per esempio, nell'etica di Spinoza, che dall'egoistico suum utile quaerere deriva, mediante sofismi da toccarsi con mano, una pura dottrina della virtù. Secondo il modo in cui ho inteso lo spirito dell'etica stoica, la sua origine sta nel pensare, se il grande privilegio dell'uomo – la ragione, che, mediatamente, per mezzo della condotta sistematica e di ciò che ne deriva, di tanto gli allevia la vita ed i suoi pesi – non sarebbe anche capace di sottrarlo d'un tratto direttamente, ossia per conoscenza pura, ai mali ed ai tormenti d'ogni specie che gli riempiono la vita: sottrarlo del tutto, ovvero quasi del tutto.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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