Si conobbe anzi, che perfin quanto non è irraggiungibile in modo assoluto, ma soltanto relativo, ci lascia del tutto tranquilli; perciò i mali, che stabilmente si sono associati alla nostra individualità, o i beni, che pernecessità a lei devono rimanere negati, si considerano con indifferenza; ed in grazia di questa proprietà dell'uomo, ogni desiderio tosto muore né può più generare dolore, non appena la speranza cessa d'alimentarlo. Da questo risultò, che tutta la felicità consiste solo nella proporzione delle nostre aspirazioni con ciò che ci viene accordato: la maggior o minor misura delle due grandezze di questa proporzione è indifferente, e la proporzione può esser ristabilita sia con l'impiccolir la prima grandezza, sia con l'ingrandir la seconda. Egualmente risultò, che ogni dolore invero nasce dalla sproporzione di ciò, che pretendiamo ed aspettiamo, con ciò che ci è dato; la qual sproporzione tuttavia sta evidentemente solo nella conoscenza29, e potrebbe esser tolta di mezzo appieno, mediante una miglior valutazione. Disse perciò Crisippo: ??? ??? ???’????????? ??? ????? ???????????? (Stob., Ecl., 1. il, e. 7, p. 134), ossia: si deve vivere con opportuna conoscenza dell'andamento delle cose del mondo. Imperocché ogni volta che un uomo in qualsiasi modo perda il dominio di sé, o è schiacciato da un dolore, o s'infuria, o si scoraggia; egli dimostra così di trovar le cose diverse da quel che s'attendeva; dimostra quindi d'essere stato impigliato nell'errore, di non aver conosciuto il mondo e la vita; non aver saputo come la natura inanimata intralci ad ogni passo la volontà di ciascuno per mezzo del caso, e la natura animata l'intralci sia con l'opporle fini contrari, sia con la malvagità. Adunque egli o non s'è servito della sua ragione per venire ad una generale consapevolezza di questa condizione della vita, oppure ha mancato di giudizio, disconoscendo nel caso particolare quel che conosceva in generale; e perciò appunto si sorprende, e perde il dominio di sé30. Nello stesso modo è ogni viva gioia un errore, un vaneggiamento; perché nessun desiderio appagato può soddisfare a lungo, e perché ogni possessione, ogni felicità ci è concessa dal caso per un tempo indeterminato – e quindi ci può esser tolta nello spazio di un'ora.
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Crisippo Stob Ecl
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