Il suo punto di partenza era questo: che per raggiungere il massimo bene, ossia la felicità mediante la calma dello spirito bisognerebbe vivere d'accordo con se stessi. (????????????? ??? ????? ?’???? ???’ ??? ????? ??? ???????? ???. Consonanter vivere: hoc est secundum unam rationem et concordem sibi vivere; Stob. Ecl, eth., L. II, c. 7, p. 132. Così ancora: ?????? ???????? ????? ????? ???????? ????? ???? ???? ??? ????. Virtutem esse animi affectionem secum per totam vitam consentientem, ibid., p. 104). Ma questo era possibile solo informando tutta la propria vita alla ragione, secondo concetti, non secondo mutevoli impressioni e fisime. E poi che né il successo, né i fatti esterni, ma solo le massime direttive sono in nostro potere, si doveva fare di queste sole, non di quelle il proprio scopo, se si voleva rimaner conseguenti; entrando così per quest'altra via nella dottrina della virtù.
Ma già agl'immediati successori di Zenone parve il suo principio morale – vivere armonicamente – troppo formale e privo di contenuto. Gli diedero perciò un contenuto materiale, con quest'aggiunta: «vivere in armonia con la natura» (????????????? ?? ????? ???.); la quale aggiunta, secondo c'informa Stobeo nel luogo indicato, venne fatta dapprima da Cleante ed allargò di molto il principio, per l'ampia sfera del concetto e l'indeterminatezza dell'espressione. Imperocché Cleante intendeva tutta la natura in generale, Crisippo invece la natura umana in particolare (Diog. Laert., 7, 89). La cosa conforme solo a quest'ultima doveva quindi esser la virtù, come la soddisfazione degl'istinti animali è conforme alla natura dei bruti.
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