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      Essa è una conoscenza di genere affatto speciale, la cui verità appunto perciò non può esser propriamente disposta sotto una delle quattro rubriche, in cui ho distinto ogni verità nello scritto sul principio di ragione, § 29 sgg.: ossia verità logica, empirica, metafisica e metalogica. Imperocché non è, come quelle, la relazione d'una rappresentazione astratta con un'altra rappresentazione, o con la forma necessaria della rappresentazione intuitiva od astratta: bensì è il rapporto di un giudizio con la relazione tra una rappresentazione intuitiva – il corpo – e ciò che non è punto rappresentazione, ma alcunché da questa toto genere diverso: volontà. Vorrei dunque distinguere questa verità da tutte le altre, e chiamarla verità filosofica ???’ ??????. L'espressione di questa può esser formulata variamente, dicendo: il mio corpo e la mia volontà sono tutt'uno; oppure, ciò, che io chiamo mio corpo come rappresentazione intuitiva, chiamo mia volontà in quanto ne sono conscio in maniera del tutto diversa, non paragonabile a nessun'altra; oppure, il mio corpo è l'oggettità della mia volontà; oppure, prescindendo dal fatto che il mio corpo è mia rappresentazione, esso non è altro che mia volontà; e così via32.
      § 19.
      Se nel primo libro, con intima riluttanza, dichiaravamo il nostro proprio corpo esser pura intuizione del soggetto conoscente, come tutti gli altri oggetti di questo mondo intuitivo, ormai ci si è fatto chiaro ciò che nella coscienza di ciascuno distingue la rappresentazione del proprio corpo da ogni altra, pel resto simile a quella.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254