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      Ossia, che il corpo si presenta alla coscienza anche in tutt'altra maniera, toto genere diversa, la quale viene indicata con la parola volontà, e che questa doppia conoscenza, che abbiamo del nostro corpo, ci dà sopra di esso, sopra il suo operare e muoversi in seguito a motivi, come anche sul suo risentirsi dell'azione esterna – in una parola, sopra ciò ch'esso è, non in quanto rappresentazione, ma in se stesso – quella luce, che non possiamo avere immediatamente sull'essenza, l'attività, l'impressionabilità di tutti gli altri oggetti reali.
      Il soggetto conoscente è appunto un individuo per questa speciale relazione con un corpo, il quale, considerato fuori di tal relazione, non è che una rappresentazione eguale a tutte le altre. Ma la relazione, in virtù della quale il soggetto conoscente è individuo, appunto perciò sussiste unicamente fra lui e una sola di tutte le sue rappresentazioni. Di questa sola egli è quindi conscio non semplicemente come d'una rappresentazione, bensì in pari tempo anche in tutt'altro modo, ossia come d'una volontà. Ma, se si astrae da quella speciale relazione, da quella duplice ed eterogenea conoscenza di un tutto uno ed identico, – essendo quell'uno, il corpo, una rappresentazione eguale a tutte le altre – l'individuo conoscente, per orientarsi a questo proposito, deve ammettere che l'elemento distintivo di quell'unica rappresentazione stia esclusivamente nel fatto, che la conoscenza, ch'egli ne ha, si trovi in codesta duplice relazione con quella rappresentazione sola, e che solo di quest'unico oggetto intuitivo egli possa aver nozione in due modi; ma che ciò non va spiegato con la differenza di tale oggetto da tutti gli altri, bensì con una differenza della relazione esistente tra la sua conoscenza e quest'unico oggetto, da quella ch'essa ha con tutti gli altri.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254