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      § 20.
      Come essenza in sé del nostro corpo, come ciò che questo corpo è, oltre all'esser oggetto di intuizione o rappresentazione, si palesa la volontà primamente, secondo s'è detto, nei movimenti volontari del corpo medesimo, in quanto questi non sono altro che la visibilità dei singoli atti volitivi.
      Con tali atti, i movimenti si producono in diretta e immediata concomitanza, formando un tutto unico; distinti da quelli solo nella forma di conoscibilità in cui sono passati, diventando rappresentazione. Codesti atti della volontà hanno sempre un principio fuori di se stessi, nei motivi. Questi tuttavia non determinano se non ciò che io voglio in un dato tempo, in un dato luogo, in date circostanze: non il fatto generico del mio volere, né ciò che io genericamente voglio, ossia la massima a cui s'impronta tutto il mio volere. Quindi il mio volere non si può spiegare in tutta la sua essenza coi motivi; ma questi determinano soltanto la sua manifestazione in un dato momento, sono la semplice occasione, in cui la mia volontà si manifesta. Essa rimane nondimeno fuor del dominio assegnato alla legge di motivazione: solo il suo rivelarsi in ciascun istante è determinato necessariamente da quest'ultima. Esclusivamente con la premessa del mio carattere empirico il motivo è una spiegazione sufficiente della mia condotta: ma s'io faccio astrazione dal mio carattere, e poi domando perché io voglio questa cosa e non quell'altra, nessuna risposta è possibile; appunto perché soltanto il fenomeno della volontà è sottomesso al principio di ragione, e non la volontà stessa, che sotto questo rispetto può dirsi non abbia ragione.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254