Ora, se ci siamo persuasi che la rappresentazione, come motivo, non è punto necessaria ed essenziale condizione dell'attività del volere, conosceremo più facilmente l'effetto della volontà in casi dov'è meno appariscente. Per esempio, non attribuiremo il guscio della chiocciola ad una volontà guidata da conoscenza, ma estranea alla chiocciola stessa, come non pensiamo che la casa da noi stessi costruita sorga per effetto d'una volontà che non sia la nostra; ma questa casa e la casa della chiocciola conosceremo quali opere della volontà, oggettivantesi in entrambi i fenomeni; volontà, che opera in noi secondo motivi, e nella chiocciola ciecamente, come un impulso costruttivo rivolto al di fuori. Anche in noi la stessa volontà agisce in vari modi ciecamente: in tutte le funzioni del nostro corpo, che nessuna conoscenza guida, in tutti i suoi processi vitali e vegetativi, digestione, circolazione del sangue, secrezione, sviluppo, riproduzione. Non solo le azioni del corpo, ma il corpo medesimo è in tutto e per tutto, come abbiamo mostrato, fenomeno della volontà, volontà oggettivata, volontà concreta: tutto ciò, che in esso accade, deve quindi accadere per effetto di volontà; sebbene qui codesta volontà non sia diretta dalla conoscenza, né determinata da motivi, ma agisca ciecamente in seguito a cause che in tal caso prendono il nome di stimoli.
Chiamo causa, nel senso più stretto della parola, quello stato della materia che, mentre ne produce necessariamente un altro, subisce a sua volta una modificazione grande come quella ch'esso produce; la qual cosa si esprime con la regola «azione e reazione si equivalgono». Inoltre, con una vera e propria causa l'azione cresce in proporzione della causa, e così anche la reazione; sì che, una volta conosciuto il modo d'agire, dal grado d'intensità della causa si può misurare e calcolare il grado dell'effetto, e viceversa.
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