Rimane sempre alcunché d'inaccessibile ad ogni spiegazione, che anzi ogni spiegazione deve presupporre: ossia le forze della natura, il determinato modo d'agire delle cose, la qualità, il carattere di ciascun fenomeno, ciò che non ha perché, ciò che non dipende dalla forma del fenomeno, dal principio di ragione; ciò a cui questa forma in sé è estranea, ma che è entrato in lei e si manifesta secondo la sua legge. La quale legge determina nondimeno soltanto il fenomeno, e non l'essenza del fenomeno; la forma, e non il contenuto. Meccanica, fisica, chimica insegnano le regole e le leggi, secondo le quali agiscono le forze dell'impenetrabilità, gravità, solidità, fluidità, coesione, elasticità, calore, luce, affinità elettive, magnetismo, elettricità etc.: ossia quella legge, quella regola che codeste forze seguono, ogni qual volta si manifestano nel tempo e nello spazio. Ma le forze in se stesse rimangono, per quanto si faccia, qualitates occultae. Imperocché la cosa in sé, la quale nel manifestarsi presenta quei fenomeni, è per l'appunto da essi affatto diversa: in tutto soggetta bensì, nel suo manifestarsi, al principio di ragione come alla forma della rappresentazione, ma tale da non potervi esser ricondotta ella medesima, e quindi etiologicamente inesplicabile a fondo, né mai suscettibile d'essere spiegata appieno; comprensibilissima tuttavia in quanto è fenomeno, ossia in quanto ha assunto quella forma, ma per nulla spiegata da codesta comprensibilità. Per conseguenza, quanta più necessità trae seco una conoscenza, quanto più è in lei di ciò che non può esser pensato e rappresentato altrimenti – come per esempio le relazioni spaziali –, quanto più chiara e soddisfacente ella diviene: tanto meno contenuto oggettivo comprende, o tanto minore realtà è in lei data.
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