In altre parole: la quarta classe di rappresentazioni, stabilita nella memoria sul principio di ragione, deve fornirmi la chiave per la conoscenza della prima classe; e dalla legge di motivazione devo apprendere a capire la legge di causalità, nel suo intimo significato.
Dice Spinoza (Epist. 62) che la pietra lanciata nell'aria crederebbe, se avesse coscienza, di volare per sua propria volontà. Io aggiungo soltanto, che la pietra avrebbe ragione. Il lancio è per lei, quel che per me è il motivo; e ciò che nella pietra apparisce come coesione, peso, permanenza nello stato acquisito, è, nell'intima essenza, il medesimo, ch'io conosco in me come volontà, e che anch'essa come volontà conoscerebbe, se acquistasse conoscenza. Spinoza, in quel passo, aveva rivolta l'attenzione alla necessità, con cui la pietra vola; e cercò, con ragione, di ragguagliarla alla necessità dei singoli atti volontari d'una persona. Io ho di mira invece l'intima essenza, che è la sola a dar significato e valore ad ogni necessità reale (ossia effetto da causa) come suo presupposto; e chiamandosi nell'uomo carattere, nella pietra qualità, è nondimeno la stessa in entrambi. Là, dov'è immediatamente conosciuta, si chiama volontà; e ha nella pietra il più debole, nell'uomo il più alto grado di visibilità, di obiettità. Quest'essenza, identica nella nostra volontà e nell'attività di tutte le cose, già conobbe con giusto sentimento sant'Agostino, e non posso astenermi dal riportare qui la sua ingenua espressione del fatto: «Si pecora essemus, carnalem vitam et quod secundum sensum ejusdem est amaremus, idque esset sufficiens bonum nostrum, et secundum hoc si esset nobis bene, nihil aliud quaereremus.
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Spinoza Epist Agostino
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