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      Cade perciò il braccio, che per un po' s'è tenuto sollevato facendo violenza alla gravità; e quindi il piacevole senso di salute, esprimente la vittoria che l'idea dell'organismo conscio di sé riporta sulle leggi fisiche e chimiche, le quali in origine dominavano gli umori vitali, è così spesso interrotto, anzi a dir vero sempre accompagnato da un certo maggiore o minore malessere, che nasce dalla resistenza di quelle forze. Così anche la parte vegetativa della nostra vita è legata perennemente ad una leggera sofferenza. Anche la digestione deprime tutte le funzioni animali, assorbendo tutta la forza vitale per domare con l'assimilazione le forze naturali chimiche. Da ciò proviene in genere il peso della vita fisica, la necessità del sonno e poi della morte, quando finalmente, col favore delle circostanze, quelle forze naturali soggiogate riprendono all'organismo, stanco per la stessa sua continuata vittoria, la materia già loro strappata, e pervengono alla libera esplicazione della loro essenza. Si può pertanto dire che ogni organismo rappresenti l'idea di cui è immagine, solo facendo la tara delle parti di sua forza, impiegate a vincere le idee inferiori che gli contendono la materia. Questo sembra esser balenato a Jacob Bohm, quand'egli dice essere in verità mezzo morti tutti i corpi degli uomini e degli animali, ed anche tutte le piante. Secondo che all'organismo riesca più o meno di vincer quelle forze naturali, esprimenti i gradi inferiori dell'obiettità della volontà, esso diventa espressione più o meno perfetta della propria idea, ossia sta più vicino o più lontano dall'ideale, che nella specie di codesto organismo rappresenta la bellezza.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





Jacob Bohm