Con la ragione incomincia la riflessione, che abbraccia il futuro ed il passato; ed in seguito vengono la meditazione, la preoccupazione, la capacità d'una condotta premeditata, indipendente dal presente; e infine una coscienza in tutto chiara delle proprie decisioni volontarie, in quanto tali. Ora, se già con la semplice conoscenza intuitiva s'era avuta la possibilità dell'illusione e dell'errore – dal che era distrutta l'anteriore infallibilità nell'inconsapevole agire della volontà; sì che istinto ed abito meccanico, quali manifestazioni incoscienti della volontà in mezzo alle manifestazioni guidate dalla conoscenza, dovettero alla volontà stessa venire in aiuto – con l'apparire della ragione va quasi del tutto perduta quella sicurezza e infallibilità con cui la volontà veniva a manifestarsi (la quale sicurezza all'estremo opposto, nella natura inorganica, apparisce addirittura come regola assoluta). L'istinto si ritrae completamente; la riflessione, che ora deve sostituire tutto il resto, genera (com'è spiegato nel primo libro) esitazione ed incertezza; diventa possibile l'errore, il quale in molti casi impedisce l'adeguata obiettivazione della volontà in atti. Perché, sebbene la volontà abbia già preso nel carattere la sua determinata ed immutabile direzione, in rispondenza con la quale il volere medesimo opera infallibilmente dietro la spinta dei motivi, può tuttavia l'errore falsarne le manifestazioni, allorché motivi illusori somiglianti ai reali s'introducono e prendono il luogo di questi44: così, per esempio, quando la superstizione insinua motivi immaginari, dai quali l'uomo è spinto a tenere una condotta proprio opposta a quella che altrimenti la sua volontà seguirebbe in quelle circostanze.
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