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      Vorrei qui di sfuggita richiamar l'attenzione sull'ingenuità, con cui ciascuna pianta esprime e rivela intero tutto il proprio carattere mediante la semplice forma, e tutto il proprio essere e volere fa manifesto; la qual cosa rende tanto interessanti le fisonomie delle piante. L'animale invece, per esser conosciuto nella sua idea, ha già bisogno d'essere osservato in tutte le sue azioni, e l'uomo, infine, va studiato bene addentro e sperimentato: imperocché la ragione lo fa in alto grado capace di fingere. L'animale è tanto più ingenuo dell'uomo, quanto la pianta è più ingenua dell'animale. Nell'animale vediamo la volontà di vivere come se fosse più nuda che nell'uomo, dov'è rivestita di tanta conoscenza, e per di più avvolta nella capacità della finzione; sì che la sua vera essenza non si palesa se non per caso e frammentariamente. Affatto nuda, ma anche più debole si mostra la volontà di vivere nella pianta, come semplice, cieca tendenza ad esistere, senza scopo e senza mèta. Infatti la pianta disvela tutta la sua essenza al primo sguardo e con perfetta innocenza; né si perita di estendere al proprio vertice gli organi della generazione, che in tutti gli altri animali si trovano invece nel luogo più nascosto. Questa innocenza della pianta è fondata sulla sua incoscienza: non nel volere, bensì nel volere cosciente risiede la colpa. Ogni pianta ci narra, a tutta prima, della propria patria, del clima di questa, della natura del suolo da cui è uscita. Perciò anche l'inesperto conosce facilmente se una pianta esotica appartenga alla zona tropicale, o temperata, e se ella cresca nell'acqua, nella palude, sui monti, o nella landa.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254