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      Per conseguenza, noi conosciamo le diverse parti e funzioni dell'organismo, reciprocamente, come mezzo e scopo le une delle altre, e l'organismo stesso come il supremo scopo di tutte. Quindi tanto il suddividersi della idea – in sé semplice – nella pluralità delle parti e degli stati dell'organismo, da un lato, quanto dall'altro la ricostituzione della sua unità mediante il necessario collegamento di quelle parti e funzioni, che per esso divengono causa ed effetto, ossia mezzo e scopo reciprocamente; sono caratteristici ed essenziali non della volontà pura, della cosa in sé, ma solamente del suo manifestarsi nello spazio, nel tempo e nella causalità (tutte varietà del principio di ragione, della forma del fenomeno). Appartengono al mondo come rappresentazione, non al mondo come volontà; si riferiscono alla maniera, con cui la volontà diventa oggetto, ossia rappresentazione, in un dato grado della sua obiettità. Chi ha colto il senso di questa esposizione forse alquanto difficile, potrà ora comprendere esattamente la dottrina kantiana, la quale tende a mostrar che tanto la finalità del mondo organico quanto la finalità del mondo inorganico è introdotta nella natura dal nostro intelletto;
      motivo per cui si riferiscono entrambe al solo fenomeno, e non alla cosa in sé. Lo stupore, di cui s'è detto più sopra, di fronte all'infallibile costanza della regolarità della natura inorganica, è sostanzialmente identico a quello che si prova davanti alla finalità della natura organica: perché in ambo i casi quel che ci sorprende è il veder l'originaria unità dell'idea, la quale, diventando fenomeno, ha preso la forma della pluralità e della diversità46.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254