Felici ancora, se qualche cosa rimane al nostro desiderio ed alla nostra aspirazione, per alimentare il giuoco del perenne passaggio dal desiderio all'appagamento, e da questo ad un novello desiderio – passaggio, che si chiama felicità quand'è rapido, dolore quand'è lento –; invece di cadere in quella paralisi, che si rivela come orribile, stagnante noia, confusa aspirazione senza oggetto preciso, mortale languore. Da tutto ciò appare che la volontà, illuminata dalla conoscenza, sempre sa ciò che vuole in un dato momento, in un dato luogo; ma non sa ciò che vuole in genere. Ogni singolo atto ha un fine: la volontà nel suo insieme non ne ha alcuno. Appunto come ogni singolo fenomeno della natura viene determinato, nel suo prodursi in un dato luogo, in un dato tempo, da una causa sufficiente; mentre la forza, che in esso si manifesta genericamente, non ha una causa, poiché codesta causa è un grado nella manifestazione della cosa in sé, della volontà senza fondamento di ragione. L'unica conoscenza di sé, che abbia la volontà in genere, è la rappresentazione nel suo complesso, la totalità del mondo intuitivo. Questo mondo è la sua obiettità, la sua rivelazione, il suo specchio. Che cosa significhi il mondo in questa sua qualità, sarà oggetto della nostra seguente considerazione50.
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