Tutta la loro sapienza starebbe nel predire l'ordine di successione, appreso per esperienza, di quelle ombre. Ciò che invece può esser chiamato un vero essere (????? ??), perché sempre è ma non mai comincia né finisce, sono le cause reali di quelle ombre: sono le eterne idee, le forme prime di tutte le cose. Quelle non hanno pluralità: perché ciascuna è, per essenza, unica; essendo ella il prototipo, del quale sono riproduzioni oppure ombre tutte le omonime, singole, periture cose. Né tocca loro un principio o una fine; poi che esse veramente sono, e non cominciano e non finiscono come i loro evanescenti riflessi. (In entrambe queste determinazioni negative è di necessità sottintesa la premessa, che tempo spazio e causalità non abbiano per le idee significato né valore, e che le idee non stiano entro cotali forme). Delle idee soltanto si ha quindi vera e propria conoscenza, potendo di questa essere oggetto solo ciò che perennemente e sotto ogni aspetto (quindi in sé) è; non ciò che ora è, ora non è, secondo il punto da cui lo si considera». Questa è la dottrina di Platone. Risulta evidente, e non richiede ulteriore spiegazione, che l'intimo senso delle due dottrine è identico; che l'una e l'altra tiene il mondo visibile per un'apparenza, la quale è in sé nulla, ed acquista significato e realtà
riflessa solo da ciò che in lei si esprime (per Kant la cosa in: sé, per Platone l'idea). Ed a questa unica verace essenza sono affatto estranee, secondo entrambe le dottrine, tutte le forme dei fenomeni, anche le più universali e sostanziali.
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Platone Kant Platone
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