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      In quanto volontà, fuor della rappresentazione e di tutte le sue forme, essa è una e identica nell'oggetto contemplato e nell'individuo, che innalzandosi a codesta contemplazione diventa conscio di sé come puro soggetto; oggetto e individuo non sono perciò distinti in sé, poi che in sé essi sono la volontà, che quivi conosce se stessa. E pluralità e varietà consistono soltanto nel modo, in cui ella acquista tale conoscenza, ossia soltanto nel fenomeno, in grazia della sua forma, che è il principio di ragione. Come senza l'oggetto, senza la rappresentazione io non sono soggetto conoscente, bensì volontà cieca, così senza di me quale soggetto del conoscere non può la cosa conosciuta essere oggetto, bensì è pura volontà, impulso cieco. Questa volontà è in sé, ossia fuor della rappresentazione, una e identica con la mia; solo nel mondo quale rappresentazione, la cui forma è sempre almeno di soggetto e oggetto, veniamo a scinderci in conosciuto e conoscente individuo. Non appena il conoscere – il mondo quale rappresentazione – è tolto via, non rimane altro se non pura volontà, cieco impulso. Il suo farsi oggettità, il divenir rappresentazione, stabilisce d'un tratto sia soggetto che oggetto. L'essere invece codesta oggettità pura, compiuta, adeguata oggettità della volontà, pone l'oggetto come idea, libero dalle forme del principio di ragione, e il soggetto come puro soggetto della conoscenza, sciolto dall'individualità e dal servizio della volontà.
      Ora chi al modo sopra detto si è tanto addentro sprofondato e smarrito nella contemplazione della natura, da non esistere più se non come puro soggetto conoscente, viene con ciò senz'altro a sentire che, in quanto tale, egli è la condizione, egli è che contiene il mondo e ogni esistenza oggettiva; poi che questa non si presenta più d'ora innanzi se non come dipendente dall'esistenza sua.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368