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      Imperocché come si può considerare un oggetto reale in due modi opposti – o in modo puramente obiettivo, geniale, cogliendo l'idea di esso, o in modo comune, sol nelle sue relazioni con altri oggetti e con la propria volontà, conformi al principio di ragione – così anche un fantasma si può considerare nell'un modo e nell'altro: nel primo, esso è un mezzo per la conoscenza dell'idea, della quale è comunicazione l'opera d'arte; nel secondo, il fantasma è impiegato a costruir castelli in aria, che piacciono al nostro egoismo e al nostro capriccio, e momentaneamente ingannano e rallegrano. E così, facendo dei fantasmi in tal guisa intrecciati, vengono invero conosciute sempre le sole relazioni. Chi pratica questo giuoco è un cervello fantastico: facilmente confonderà le immagini, della sua fantasia, come fanno i romanzi ordinari d'ogni specie, che sollazzano i pari suoi ed il gran pubblico, per ciò che i lettori sognano di trovarsi al posto dell'eroe e trovano quindi il racconto molto piacevole.
      L'uomo comune, questa mercé all'ingrosso della natura, che ne produce migliaia al giorno, è, come abbiamo detto, capace solo fugacemente di guardare le cose in maniera affatto disinteressata in ogni senso – ciò che costituisce la vera contemplazione. Può alle cose volgere la sua attenzione solo in quanto esse abbiano una qualsiasi relazione, anche se molto indiretta, con la sua volontà. Poi che sotto questo riguardo, il quale sempre richiede solamente la conoscenza delle relazioni, è bastevole ed anzi è spesso più valido il concetto astratto della cosa, non s'indugia a lungo l'uomo comune nell'intuizione pura, e quindi non poggia a lungo lo sguardo sopra un oggetto; bensì egli cerca sollecito in tutto ciò, che gli si offre, soltanto il concetto, al quale la cosa va ricondotta, come l'accidioso cerca la sedia – e non se ne interessa più oltre.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368