Pagina (39/368)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quel che in una singola cosa non esiste se non incompiutamente e indebolito da modificazioni, il modo di vedere del genio Io innalza fino all'idea, al compiuto: da per tutto quindi il genio vede estremi, e appunto perciò la sua azione va sempre all'estremo: non sa cogliere la giusta misura, gli manca la temperanza, e il risultato è quel che s'è detto. Conosce le idee appieno, ma non gl'individui. Perciò un poeta, come fu osservato, può conoscere intimamente e a fondo l'uomo, molto male invece gli uomini: egli è facile a essere ingannato, ed è un trastullo in mano degli astuti10.
      § 37.
      Sebbene adunque, come risulta dalla nostra esposizione, il genio consista nella capacità di conoscere, indipendentemente dal principio di ragione, le idee delle cose invece che i singoli oggetti, i quali soltanto nelle relazioni hanno la loro esistenza; e di essere, di fronte alle idee, il correlato stesso dell'idea, ossia non più un individuo, bensì puro soggetto del conoscere; – deve tuttavia questa capacità trovarsi in minore e diverso grado presso gli uomini tutti: poiché altrimenti sarebber questi altrettanto incapaci di goder le opere dell'arte, quanto di produrle, e in genere non possederebbero per il bello e l'elevato sensibilità alcuna; anzi queste parole non avrebbero per loro alcun senso. Dobbiamo dunque ammetter come esistente in tutti gli uomini – se per avventura non ve n'ha affatto incapaci d'ogni godimento estetico – quel potere di conoscer nelle cose le idee rispettive, e spogliarsi così per un istante della loro personalità. Il genio ha di fronte ad essi il solo vantaggio di possedere in maggior grado e più durevolmente quel modo di conoscere; vantaggio che gli permette di mantenere in questa conoscenza la riflessione necessaria per riprodurre a volontà, in un'opera, ciò che ha conosciuto in tal modo; e codesta riproduzione è l'opera d'arte.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368